La classificazione dei nodi del legno

Quando parliamo di difetti e anomalie del legno, è importante sottolineare che ci sono delle differenze sostanziali tra una terminologia e l’altra. Considerando l’ambito strutturale, vi sono anomalie che possono diventare difetti e che vengono prese in considerazione per la classificazione.

Oltre a quelle già affrontate, come le deformazioni, dobbiamo ricordare anche la presenza di nodi, l’ampiezza degli anelli, l’inclinazione della fibratura, la cipollatura, le fessurazioni da fulmine e da gelo, il degrado da funghi, l’attacco di insetti e il legno di compressione.

Cercheremo di affrontare i singoli aspetti a cominciare dai nodi del legno

I nodi rappresentano la parte del ramo che si raccorda al fusto e che vi rimane all’interno durante la crescita dell’albero.

La loro presenza può aumentare la resistenza del legno, nel caso si trovino in zona compressa, oppure diminuirla, quando si trovano in zona tesa.

tronco albero con nodo

La presenza di nodi all’interno di un elemento strutturale è fisiologica e non ci deve preoccupare, solo alcuni tipi di nodi o raggruppamenti di nodi sono effettivamente pericolosi per la stabilità dell’elemento.

I controlli di classificazione a vista degli elementi dovrebbero poi evitare che questi difetti arrivino sul mercato.

Ma quante tipologie di nodi ci sono? Come vengono classificati?

Vediamo più nel dettaglio quali sono le tipologie di nodi esistenti e come vengono classificati. I nodi sani e aderenti corrispondono ai rami vivi al momento di abbattimento della pianta, sono completamente aderenti al legno del tronco e presentano un colore più scuro.

Con l’essiccazione, il legno del nodo subisce un maggior ritiro e tende a formare fessure a zampa di gallina.

esempio di nodo a zampa di gallina

I nodi cadenti corrispondono ai monconi di rami rotti, inglobati dall’accrescimento del tronco.

I tessuti dei rami sono separati da quelli del tronco della corteccia morta: vengono detti cadenti in quanto, per effetto del ritiro, il nodo diminuisce di volume e non essendo solidale con il tessuto del tronco tende a sfilarsi e a cadere.

esempio di nodo cadente

I nodi morti o nodi neri sono quei nodi che si formano a seguito della caduta naturale di un ramo che, privo della protezione della corteccia, si presta facilmente all’attacco di funghi e batteri cromatogeni.

I nodi alterati da presenza fungina si presentano più scuri e talvolta scompaiono lasciando una cavità chiamata “occhio di bue”.

nodo alterato da presenza di funghi

Possiamo poi classificarli a seconda della forma geometrica come nella tabella sottostante secondo la norma UNI ISO 2300 2301:

tipologie di nodi

I nodi infine possono essere classificati come nodi isolati o gruppi di nodi seguendo le indicazioni della norma uni 11035-1:

trave e tipologie di nodi

La stessa norma indica i limiti di accettazione per i nodi e i gruppi di nodi a seconda della classificazione del semilavorato.

Un elemento C24, per esempio, ammette la presenza di nodi singoli con diametro massimo minore o uguale ai 2/5 della larghezza della faccia su cui è presente il nodo; larghezza 20 cm corrisponde a nodo massimo di 8cm di diametro.

Un elemento C18 ammette come diametro massimo i 3/5 della larghezza per cui su una faccia da 20 cm il nodo massimo ha diametro paria 12 cm.

In conclusione lasciamo alcune immagini che ci evidenziano come la presenza di nodi possa influenzare le caratteristiche meccaniche di una trave.

In particolare, la presenza di nodi di notevole dimensione rispetto alla sezione del semilavorato o di gruppi di nodi particolarmente fitti e localizzati in un punto specifico, come abbiamo visto sopra, possono portare a riduzioni di resistenza significative con un comportamento a rottura di tipo fragile.

fratture causate dai nodi

Tutti gli elementi marcati CE sono sottoposti a severi controlli di stabilimento per mezzo della classificazione visiva oppure con sensori ottici computerizzati in grado di misurare i singoli nodi e confrontarli con i limiti ammessi dalla normativa.

È perciò molto improbabile che le forniture di materiale marchiato CE siano fuori norma e contestabili.

Ma in alcuni casi il nodo può essere anche utile in quanto interviene per frenare la diffusione delle fessurazioni da ritiro.

tavole e nodi

Si ringrazia l’ing. Damiano Zennaro e il dott. Andrea Zenari per le foto e la consulenza.

Continueremo a parlare delle anomalie del legno nei prossimi articoli.

Nel frattempo vi invitiamo a lasciarci la vostra opinione attraverso un commento qui sotto e a scaricare il PDF gratuito sulla Resistenza al Fuoco degli edifici in legno, disponibile a seguito dell’iscrizione alla nostra newsletter.

9 commenti
  1. Gabriele Bonamini
    Gabriele Bonamini dice:

    Buongiorno,
    A meno che non abbia frainteso, mi permetto due piccoli rilievi: non risulta né in letteratura, né nella normativa, tantomeno dall´esperienza di laboratorio, che i nodi in zona compressa aumentino la resistenza dell´elemento.
    Inoltre, l´effetto di contenimento delle fessure da ritiro da parte dei nodi sani e ben concresciuti non è ben illustrato dalle foto a commento, che potrebbero indurre in errore. L´effetto, infatti, è esattamente in direzione ortogonale a quella illustrata.
    Cordiali saluti e un incoraggiamento.

    Gabriele Bonamini

    Rispondi
    • Alex Merotto
      Alex Merotto dice:

      Buongiorno Gabriele

      La ringrazio per il suo commento di approfondimento. L´effetto di aumento di resistenza in presenza di nodi in zona compressa è segnalato in alcuni testi di letteratura anche se si tratta di un fenomeno locale di minima rilevanza tanto da non venir preso in considerazione da nessuna normativa come giustamente segnala. In merito alle foto, almeno una di quelle pubblicate, illustra bene il fenomeno, a mio avviso. Purtroppo non è sempre facile trovare le foto giuste e se volesse condividerne alcune, saremmo ben felici di pubblicarle. Colgo l´occasione per rinnovarle l´invito a scrivere un pezzo sul blog.

      Grazie ancora

      A.M.

      Rispondi
  2. Alessandra Salvalaggio
    Alessandra Salvalaggio dice:

    Buon giorno,

    grazie per l’articolo interessante, chiaro e sintetico, come anche tutti gli altri che sto leggendo, ottimo lavoro!
    Volevo solo segnalarvi che la norma UNI ISO 2300 2301 è stata ritirata con sostituzione. Il riferimento attuale è: norma UNI EN 844-9:1998
    e norma UNI EN 844-3:1998.
    Inoltre avrei due curiosità:
    -L’occhio di bue non lo avevo mai sentito. L’unico che conosco è “l’occhio di Pernice”, che si riferisce ad un nodo a spillo (morto) piccolino e sezionato trasversalmente. Sapete se i due nomi si riferiscono alla stessa cosa?
    -la classificazione visiva è da fare su ogni lamella, giusto? I sensori ottici possono funzionare bene appunto per la misurazione dei nodi, ma per quanto riguarda tutti gli altri aspetti da controllare (deviazione della fibratura, deformazioni, ecc.) esistono dei sensori specifici?
    Cordiali saluti,
    Alessandra Salvalaggio

    Rispondi
    • Alex Merotto
      Alex Merotto dice:

      Grazie Alessandra per la sua preziosa precisazione in merito all’aggiornamento della norma.

      Per quanto riguarda la nomenclatura dei nodi, L’occhio di pernice è precisamente quello che descrive lei, . L’occhio di bue, invece, si forma in corrispondenza di un ramo marcio inglobato nel fusto della pianta. Sono individuabili dalla presenza di un infossamento nella corteccia in prossimità di quella che doveva essere il punto di uscita del ramo. Si vedono spesso nelle latifoglie come faggie, querce e aceri.

      La classificazione a vista avviene per mezzo di sensori ottici sulle singole lamelle. I controlli sono automatizzati e molto precisi per quanto riguarda i nodi mentre per l’individuazione delle altre anomalie quali cipollature e fibrature deviate si ricorre ancora ad una classificazione a vista eseguita da operatore umano.

      Spero di essere stato utile

      La ringrazio

      Rispondi
      • Ida Lastilla
        Ida Lastilla dice:

        Buongiorno, vorrei sapere se l’occhio di pernice sul parquet è un difetto , anomalia del parquet.Vorrei sapere anche come poterli togliere. Grazie

        Rispondi
      • Alessandra Salvalaggio
        Alessandra Salvalaggio dice:

        Perdoni il ritardo della mia risposta.
        La ringrazio per la spiegazione, è stato molto chiaro.

        Alessandra

        Rispondi
  3. Domenico Cavarretta
    Domenico Cavarretta dice:

    I nodi del legno sono un elemento importante ai fini commerciali e di mercato. A me interessava approfondire
    l’argomento dei nodi come eventuale causa della stabilità della pianta all’impiedi e, cioè, quando vengono lasciati seccare diversi monconi di rami nella parte alta del tronco di piante avviate a maturità, lunghi anche 20, 30 cm o più. Con le mutate condizioni climatiche e forti ventosità, sempre più spesso si spezzano le parti cimali con presenza di monconi. Quale è il rapporto resistenza del tronco alla rottura, numero o dimensione (diametro – lunghezza ) di monconi esterni che, evidentemente sono diventati lunghi nodi interni? Quanto incidono sulla stabilità della pianta le forti intemperie, sempre più attuali, in presenza di monconi lasciati da una cattiva potatura alta? A me sembra un argomento trascurato e sottovalutato anche nel caso di gravi danni a case, auto ecc. o morti (recenti) per schianti di parti aeree di piante mature nelle quali i monconi e la nodosità interna sembrano essere la causa principale dello schianto. Ci sono studi recenti in merito? grazie

    Rispondi
    • Alex Merotto
      Alex Merotto dice:

      La questione che solleva è molto importante e complessa. C’è una relazione diretta tra la qualità strutturale del legno e la sua coltivazione durante il ciclo vitale. I nostri vecchi sapevano che se si voleva sfruttare il bosco per il legname da costruzione, il bosco andava coltivato e curato attraverso la pulizia e le potature mirate. Purtroppo nel corso delgi anni, lo spopolamento delle montagne e l’abbandono dell’industria del legname ha portato ad una perdita di conoscenze e ad una quasi totale mancanza di manutenzione dei nostri boschi. Il risultato è che, sebbene l’Italia abbia un patrimonio boschivo rilevante, questo patrimonio può essere sfruttato solamente in minima parte a causa dello stato di abbbandono in cui versano la maggior parte dei boschi. Se invece ci riferiamo ai problemi di caduta di piante o parti di piante in ambito urbano, anche in questo caso la mancanza di una cultura forestale fa in modo che oramai gli alberi in città siano visti quasi sempre come un problema per le amministrazioni comunali.

      Grazie
      Alex

      Rispondi

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